RISO E LOMELLINA Il riso è una pianta della famiglia delle graminacee e proviene dai paesi orientali con clima tropicale per cui necessita di particolari condizioni di temperatura ed umidità. Le prime notizie sulla coltivazione del riso in Lomellina risalgono alla fine del Quattrocento, quando fu sperimentata nelle fattorie degli Sforza nei dintorni di Vigevano. Anche se la particolare conformazione del terreno, ricco di acque superficiali e poco profonde, si è rivelata subito adatta alla coltivazione, la diffusione delle risaie in Lomellina è stata limitata fino al sec. XVIII. Dall’Ottocento, con la costruzione del Canale Cavour, la coltivazione si è andata sempre più affermando ed oggi copre buona parte del territorio coltivato con una produzione decisamente superiore rispetto al passato (dai 18 ai 60 quintali per ettaro). L’antico ciclo della coltivazione del riso, basato sul trapianto del cereale in campi prima utilizzati per altre coltivazioni, con una continua rotazione, è ormai un ricordo. Ora il cereale viene piantato a maggio direttamente nelle risaie, prima arate, livellate e quindi allagate fino ai 10/20 cm per assicurare la protezione termica del chicco. Qui le verdi piantine crescono protette dalle erbe infestanti con diserbanti ed erbicidi, fino a trasformarsi, a settembre, in lunghi steli con ricche spighe di chicchi dorati. Allora, le moderne mietitrebbie scendono nelle risaie ormai asciutte con pesanti cingoli e tagliano le piante, separando già i chicchi dalla paglia. I preziosi chicchi, chiamati in questa fase risone, vengono quindi essiccati e solo allora possono passare alle riserie per la raffinazione. Per essere preparati al consumo alimentare i chicchi di riso vengono prima sbramati, poi sbiancati e, spesso, sottoposti anche alla brillatura, cioè alla lucidatura per mezzo di talco e glucosio. Mangia il tuo riso, al resto ci penserà il Cielo. Il proverbio è cinese. L'imperatore Kangh Hi capì 1600 anni prima di Cristo che per soddisfare le necessità alimentari della popolosa Cina ci voleva una varietà di riso precoce nella maturazione, coltivabile a settentrione della Grande Muraglia dove per il clima continentale i primi freddi autunnali arrivano anzitempo. Nacque la varietà yu-mi, il riso imperiale, che divenne sinonimo di riso precoce e che è ricordato in tante leggende orientali. Oggi la Repubblica Popolare Cinese produce circa un miliardo e settecento milioni di quintali di riso. La quantità appare grande. Tuttavia è un terzo della produzione annuale mondiale ormai tendente ai cinque miliardi di quintali. Il riso nel mondo , la coltivazione si è estesa negli ultimi quindici anni in modo evidente, passando da 135 milioni di ettari a circa 148 milioni. Nello stesso periodo i raccolti sono aumentati di oltre il 44%. Inoltre, è migliorata la quantità di riso ottenuta da ogni ettaro coltivato: da 24 a 32 quintali con un incremento del 32% circa. Si calcola che, oggi, ogni abitante della Terra abbia a disposizione 60 chilogrammi di riso; ossia l0 chilogrammi in più di un quinquennio fa. È già un contributo concreto, ma non sufficiente, alla lotta contro la fame con fasi altamente drammatiche in Africa, Asia, America Latina dove il riso, ampiamente coltivato, ha il posto che il pane occupa in Occidente. Basti dire che un giapponese consuma 80 chilogrammi di riso all'anno e un abitante della penisola indocinese tocca i 150 chilogrammi mentre raramente un europeo supera i 5 chilogrammi. L'arrivo in Italia oltre cinquecento anni fa, la coltivazione del riso fu in Italia assecondata da una necessità impellente; dopo pestilenze, guerre interminabili e carestie nutrire nuovamente con una relativa normalità una popolazione in crescita. Occorreva per lo scopo un cereale con elevata produttività, sostitutivo dell'orzo, della segale, di varietà di frumenti ormai degenerate e il riso si rivelò adatto. Prima di altri se ne rese conto Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano. Inviando nel 1475 in dono ai duchi di Ferrara seme di riso, egli mise in evidenza la capacità di moltiplicazione del cereale di origine orientale: ogni sacco di semente si trasformava in dodici sacchi di riso. Trascorreranno, però, altri decenni prima che la risicoltura ("coltivazione rinascimentale" come quelle del mais e della patata, pervenute in Europa in seguito alla scoperta dell'America) riesca ad imporsi definitivamente nella Pianura Padana. Soltanto a metà del 1500 passerà da 5 mila a 50 mila ettari. E soltanto nel 1690, i coloni arrivati dall'Europa incominceranno a coltivare riso nella Carolina del Sud. Primi in Europa, infatti siamo il maggior produttore europeo di riso. L'estensione della risaia è di circa 200 mila ettari dislocati per ordine di grandezza nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, Alessandria, Ferrara, Oristano, Mantova, Verona e in talune zone circoscritte centrali e meridionali. La produzione annuale supera gli 11 milioni di quintali di risone, rappresentando lo 25 per cento di quella mondiale. Da ogni ettaro si ricavano mediamente 55-60 quintali mentre nel secolo scorso erano difficilmente superati i 24 quintali. Il mercato nazionale assorbe 4 milioni e mezzo di quintali, gli altri paesi della CEE 3 milioni e mezzo e i paesi non comunitari poco meno di quattro milioni di. quintali. L'Italia è, dunque, molto attiva nelle esportazioni e si inserisce con quantità apprezzabili della sua produzione negli scambi internazionali che per il riso sono modesti rappresentando soltanto il 5% del raccolto mondiale. Il 95% della produzione globale è, infatti, impiegato per l'autoconsumo. Le origini a Giava, i reperti fossili hanno confermato che i popoli asiatici si nutrono con il riso da settemila anni. La pianta del riso avrebbe avuto origine nell'isola di Giava o in Cambogia. Gli Egiziani non la conoscevano né la Bibbia ne fa cenno. Invece i Greci e i Romani sapevano della sua esistenza; però consideravano il cereale una spezia. Plinio il Vecchio scrisse nella sua "Storia Naturale" che aveva foglie carnose. Teofrasto e Strabone furono più precisi. Il viaggio del riso dall'Oriente all'Occidente presenta lati misteriosi. Forse Alessandro Magno lo fece conoscere alla Grecia. È probabile che in Italia lo abbiano introdotto gli Arabi. Altre versioni ne attribuiscono il merito ai Veneziani. Come documenta un "Libro della spesa" dei duchi di Savoia, il riso era già venduto a Torino nel 1300. Durante il Medioevo fu anche coltivato negli orti botanici degli Ordini monastici. I monaci di Montecassino lo avrebbero studiato a fondo e avrebbero selezionato il primo seme per le coltivazioni, dando avvio al suo successo in Occidente come alimento dalle straordinarie proprietà nutritive.Le fasi della coltivazione sono sostanzialmente quattro: preparazione del terreno; sommersione degli appezzamenti e semina; eliminazione delle erbe infestanti; mietitura. Le operazioni, un tempo affidate a migliaia di lavoratori, in Italia sono adesso interamente meccanizzate. Il cambiamento è intervenuto in risaia incominciando dalla fine degli anni Cinquanta quando le macchine, i concimi, i formulati selettivi per l'eliminazione delle infestanti hanno raggiunto un soddisfacente grado di perfezionamento. Uno dei momenti più suggestivi nella coltivazione del riso, è certamente l'inondazione primaverile dei terreni, ottenuta con un complesso sistema di canali. La risaia si trasforma in una laguna artificiale a perdita d'occhio, che passerà in poche settimane dal color argento al verde pastello per effetto delle giovani pianticine progressivamente emergenti dall'acqua. Ma è ugualmente affascinante la raccolta. Le mietitrebbiatrici, che tagliano veloci il riso e lo separano dalla paglia, concentrano su larghe superfici in tempi brevi una grande quantità di lavoro. Quando il cereale è avviato con rimorchi dai campi alle aziende, presenta un'umidità compresa fra il 20 e il 30%. Il riso grezzo, o risone, è pertanto immesso negli impianti di essiccazione in modo che l'umidità scenda a 14-15° e che non si determinino processi di deterioramento. Il chicco del riso appena raccolto è rivestito da un involucro a più strati, tendente al colore marrone o giallo e contenente molte sostanze. Sotto i diversi strati protettivi, o tegumenti, che si assottigliano dall'esterno all'interno, si trova la cariosside. Ogni chicco è anche portatore di un embrione, collocato in una piccola sacca, detta spermoderma e che è essenziale per la perpetuazione della specie. Il granello è costituito di proteine e, nella zona più interna, di granuli di amido di piccole dimensioni e spigolosi, compatti e riuniti a grappolo. Il riso è classificato merceologicamente nei gruppi delle varietà comuni, semifini, fini e superfini. L'attribuzione delle varietà coltivate e in commercio a ciascun gruppo, dipende dalla lunghezza e dalla grossezza del chicco, dall'aspetto del granello dal suo comportamento durante la cottura. I comuni hanno una lunghezza inferiore a 5,4 mm.; i semifini sono lunghi fra 5,4 e 6,4 mm.; i fini e i superfini misurano più di 6,4 mm. Talune varietà aghiformi prodotte in Oriente sono ancora più lunghe. La trasformazione del riso grezzo in riso commestibile è completamente meccanica; quindi non possono essere introdotti a suo danno processi di sofisticazione. Ieri come oggi il principio sfruttato per la lavorazione del riso, è quello della "pilatura". Il riso greggio era un tempo posto in un mortaio anche detto pila. Un pestello con punta metallica, azionato manualmente agiva ritmicamente sul chicco e lo liberava dagli strati esterni contenenti grassi ed albumine. Se ne andava anche l'embrione o gemma, ricco di olio. Poiché l'operazione spezzava inevitabilmente una percentuale di chicchi, era necessario procedere alla eliminazione di questi ultimi unitamente alle altre impurità servendosi di separatori detti setacci oscillanti, appesi al soffttto con corde. La odierna struttura industriale del tutto automatizzata, segue uno schema preciso di lavorazione. Il riso, mondato da ogni corpo estraneo e, con lo sbramino o scortecciatrice, dal rivestimento più esierno, è passato in una prima sbiancafrice: se ne vanno il pericarpo e l'embrione. Si ha a questo punto il risone semigreggio, o sbramato, ricco di fibre vegetali e di parti grasse; pertanto indicato per diete particolari. Una seconda sbiancatrice dà il riso semiraffinato o mercantile mentre il riso raffinato e ottenuto con una terza sbiancatrice. Lo stadio di raffinazione aumenta ancora passando il cereale in una quarta sbiancatrice. Le proprietà nutritive sono notevoli, ogni chilogrammo di risone lavorato dà 6 ettogrammi di riso commestibile. La trasformazione dà anche sottoprodotti impiegati nella preparazione dei mangimi, o nelle industrie dei refrattari e dei cosmetici. I principali sono le rotture, la granaverde, la gemma, le farine, la lolla. Variando il grado di raffinazione, variano i quantitativi di sostanze caratteristiche del riso, parte delle quali sono nella zona esterna del chicco. Il riso semiraffinato o mercantile e il riso raffinato con la terza sbiancatrice, sono giudicati i più affidabili dal punto di vista della digeribilità e della nutrizione. Infatti assicurano nella giusta misura le proteine nobili quali la Lisina il Triptofano e la Metionina, fondamentali per la crescita; le vitamine del Gruppo B, nonché le vitamine PP, K ed E; i sali essenziali come Potassio, Calcio, Fosforo. Le proteine del riso sono qualitativamente superiori a quelle di ogni altro cereale. Contengono tutti e 18 gli amminoacidi da cui dipende il regolare metabolismo umano e sono di assoluta assimilabilità. Pane di riso chiamato anche Micon ad pan ad ris, il Pane di riso è un dolce tipico della Lomellina difficile resistere alla tentazione di panificare anche il cereale più coltivato nella zona. Il Pane di riso è di forma ovale con una spiga disegnata sulla parte superiore. Ha una lunghezza variabile fra 25 e 30 centimetri e un peso di 300 grammi circa. È ottenuto da un impasto di farina di grano tenero, farina di riso, olio extra vergine d’oliva, sale e lievito. Di consistenza piuttosto morbida il Pane di riso ha un sapore delicato e non dolce. Dopo aver miscelato le farine e averle disposte a fontana, si aggiungono l’acqua tiepida in cui è stato precedentemente sciolto il sale, il lievito e l’olio. Si impasta bene il tutto sino a ottenere un composto omogeneo e di consistenza piuttosto morbida. Si lascia riposare per 30 minuti e in seguito si procede alla formatura. Si lascia riposare una seconda volta per un’ora. Infine, s’incide la superficie dell’impasto con una spiga e si procede alla cottura. .
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